Cominciamo a raccontare le storie di chi vive e lavora tra gli scaffali con Aldo Addis, “storico” libraio a Sassari.
Come si sceglie questo mestiere, come si consiglia il titolo giusto, che cosa potrebbe e dovrebbe cambiare nel mondo del libro in Italia?
Cresciuto in una storica libreria di Sassari, Aldo Addis si impegna da sempre a favore del “mestiere più bello del mondo”. Promuovendo la formazione (è anche direttore della Scuola Librai Italiani) e segnalando gli orizzonti di miglioramento di un settore complesso, in rapido cambiamento. Fra le nuove sfide del digitale e gli antichi ritardi di scuola e politica nella promozione della lettura.
Come è diventato libraio?
Nel lontano 1974, mio padre decise di lasciare il suo posto da impiegato e aprire una libreria universitaria, accanto a quella che all’epoca era la Facoltà di Magistero. Io avevo sette anni, ma posso dire di essere diventato libraio già in quel momento.
Quella libreria, la Koinè di via Roma a Sassari, è da allora un punto di riferimento, per la città e non solo. In che cosa è diversa dalle altre?
In realtà più che diversa mi piace pensare che sia simile a tutte quelle librerie che ogni giorno si impegnano nella promozione dei libri e della lettura e nel cercare di aumentare il numero dei lettori.
Qual è il suo cliente ideale?
Quello che entra dicendo: “Non so cosa cerco, faccio un giro e mi lascio catturare da qualche libro”.

L’interno della Libreria Koinè di Sassari, che Aldo Addis dirige dal 1991.
Con uno schiocco delle dita può cambiare qualcosa del suo lavoro quotidiano: cosa cambierebbe?
Ne faccio tre di schiocchi di dita:
- uno per una distribuzione, che dia certezze delle disponibilità ed evada gli ordini in tempi brevi, e per una logistica che funzioni e non sia strozzata dalle logiche assurde dei grandi gruppi di vendite on line.
- uno per la scuola, che metta il libro e la lettura al centro dei piani formativi.
- e uno per la politica, perché torni a considerare i libri e le librerie elementi essenziali di crescita dei cittadini italiani.
Ha mai pensato “faccio il mestiere più bello del mondo”?
Ogni giorno, di mattina presto. Quando entro in libreria, accendo le luci e giro per gli scaffali, magari sistemando qualche libro, prima che inizino ad arrivare collaboratori e clienti e cominci il lavoro, penso che il mio sia il mestiere più bello del mondo.

I 50 anni della libreria Koinè di Sassari, festeggiati nel 2024.
E ha mai pensato o addirittura detto che forse sarebbe meglio mollare?
Mai detto! Però è vero che nei primi giorni di lockdown, quando noi non potevamo vendere i libri e solo gli store on line potevano farlo, ho pensato “Ecco, mi sa che mi tocca cambiare mestiere”. Invece il mondo dei lettori, alla nostra riapertura, ha invaso le librerie e sancito che restiamo per loro il luogo privilegiato dove scegliere e acquistare i libri.
In un Paese in cui si pubblicano oltre 80mila novità l’anno, qual è il compito del libraio?
Con molta umiltà, cercare di fare delle scelte e selezionare il meglio per i propri clienti. Ascoltando soprattutto loro: il passaparola resta il modo più efficace per promuovere un libro.
Da cosa dipende, secondo lei, il successo – o l’insuccesso – di un libro?
Serve il lavoro ben fatto di un’intera filiera: autore, editore, librai e bibliotecari, ciascuno deve scrivere, confezionare, promuovere e consigliare al meglio. Se uno solo di questi elementi manca o non funziona, l’insuccesso è più che probabile.
Conosce i nostri temi: natura, scienza, ecologia. Su questi argomenti, quali letture consiglierebbe?
Sono affascinato dalle neuroscienze, e il vostro recente Perché ricordiamo è davvero un capolavoro che aiuta a capire tante cose della nostra mente. Apprezzo anche tutti i libri di Pier Luigi Rossi. Lui è molto amato qui a Sassari, ogni volta che riusciamo ad ospitarlo per una presentazione in libreria è una grande festa.
Qual è stata l’ultima volta che a un cliente ha detto “questo deve leggerlo a tutti i costi” – o che un cliente l’ha detto a lei?
Ricordo sempre con affetto quando Gian Paolo Brizzi, allora Professore all’università di Sassari, mi convinse a leggere il romanzo d’esordio del figlio, pubblicato da una piccola casa editrice. Aveva ragione: Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi, allora ventenne, divenne il manifesto di una generazione.