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Fuori margine

01 Agosto 2025

Il luogo

Dalla Fattoria di Celle al Salone di Torino. Un sogno di arte, poesia e natura

Di Ginevra Barbetti

La Fattoria di Celle, la raccolta di arte ambientale realizzata dalla famiglia Gori a a Santomato di Pistoia, è un luogo unico in Italia in cui la creazione artistica e poetica dialogano strettamente con la natura. In occasione del Salone del Libro 2025 alcuni protagonisti assoluti della cultura italiana - tra cui Sandro Veronesi, Antonio Franchini, Silvio Perrella e Gian Mario Villalta - hanno riflettuto su come "l'autentica convivenza tra l'opere e il paesaggio" possa essere la chiave per dare vita a questo sogno.

È possibile ripensare il nostro rapporto col paesaggio e con la natura attraverso l’arte e la poesia? È stato questo il tema dellincontro organizzato da Aboca Edizioni, all’interno del Bosco degli scrittori, durante lultima edizione del Salone del libro di Torino. Al centro, un omaggio sentito a Giuliano Gori, figura straordinaria del collezionismo italiano, fondatore della Fattoria di Celle, luogo-simbolo dellarte ambientale in Italia e nel mondo. Qui, a Santomato di Pistoia, dagli anni Settanta, Gori ha trasformato una tenuta agricola in un museo a cielo aperto che ospita oltre 80 opere site-specific in perfetto dialogo con il paesaggio: sculture, installazioni e architetture vive, pensate per fondersi con lambiente e mai per sovrapporsi ad esso. Unutopia realizzata, dove la natura non è sfondo ma sostanza dellopera, e in cui prende forma anche un progetto unico nel suo genere: il Premio di poesia Celle Arte Natura, pensato per riportare la poesia al centro di un discorso culturale capace di intrecciarsi con larte visiva 

Antonio Riccardi e Gian Mario Villalta durante la cerimonia di premiazione della terza edizione del Premio di poesia Celle Arte Natura. Foto Collezione Gori.

Arte e poesia, in ascolto della natura 

A condividere riflessioni e ricordi, alcune tra le voci più autorevoli della cultura italiana: lo scrittore Sandro Veronesi, l’editore e giurato del Premio di Poesia Antonio Franchini, il critico letterario Silvio Perrella, il poeta Gian Mario Villalta e Antonio Riccardi, poeta e direttore editoriale di Aboca Edizioni. Insieme, hanno ricostruito un mosaico fatto di memoria, visione e presenza, unendo storie e riflessioni. Per Riccardi, «Quando natura, arte e poesia s’intrecciano in una connessione profonda e trasformativa, diventano atti veritativi, che generano conoscenza, prossimità, amore». Un legame che alla Fattoria di Celle si traduce in gesti concreti, nel modo in cui le opere si inseriscono nello spazio senza dominarlo, nel tempo lungo che serve a farle nascere, nella capacità di accogliere il silenzio come parte integrante dell’esperienza. Un momento fondativo, ha ricordato Sandro Veronesi, è stato quello della tempesta che distrusse un uliveto: «Giuliano mi chiese di fare un monumento alla poesia proprio lì, dove la natura aveva colpito con più forza. Pensai allora al paraboloide iperbolico: una struttura resistente per forma, come la poesia stessa, capace di portare emozioni immense con poche parole». È da questa opera, nata su una ferita, che ha preso forma l’idea di un Premio di Poesia in dialogo con il paesaggio. Antonio Franchini, editore e membro della giuria, ha raccontato Celle come «un magnifico delirio, un’utopia diventata realtà», spiegando come «ogni artista abbia concepito la propria opera in totale isolamento, senza vedere nulla di ciò che gli altri avevano realizzato. Il curatore, in fondo, è stato Giuliano stesso: Celle è la sua opera totale». Un luogo dove l’arte non è esposta, ma vissuta, e dove la poesia può riappropriarsi del suo spazio originario, a contatto con il respiro del mondo. Il critico Silvio Perrella ha parlato di “allegria delle idee”: un’espressione perfetta per descrivere quell’energia lieve ma potentissima che ha reso Celle un luogo vivo, non un mausoleo: «Giuliano era una delle forme viventi dell’abbraccio – ha detto –  Coltivava l’allegria delle idee e la condivideva con tutti: artisti, poeti, architetti. Celle non è un museo, è un organismo vivo fatto di relazioni». Una visione sorretta da equilibrio e profondità, dove la cultura si manifesta come gesto di prossimità e ascolto. L’unico rischio possibile nasce quando l’arte o la parola assumono un ruolo dominante, sovrapponendosi alla voce del luogo anziché dialogare con essa. Ma se si trova il giusto punto di bilanciamento, la connessione può generare una vera ecologia culturale: un’energia nuova, un’emozione generativa, capace di toccare chiunque. Ogni opera diventa il frutto di un tempo lungo di convivenza, di ascolto e cura. È ciò che Gian Mario Villalta ha raccontato con grande lucidità: il tempo necessario per abitare poeticamente un luogo è lento, paziente, ma alla fine rigenera tutto. Poeta e già vincitore del Premio, Gian Mario Villalta ha descritto la propria esperienza a Celle come «un momento di autentica convivenza tra le opere e il paesaggio, camminare tra quelle installazioni genera un processo interiore ricco di riflessioni». Un’esperienza, ha osservato, «che richiede lentezza e ascolto, ma che in cambio restituisce una straordinaria profondità di sguardo e di senso».  

L’incontro Il sogno dell’arte e della natura al Salone Internazionale del Libro di Torino 2025 a cui hanno partecipato Antonio Franchini, Antonio Riccardi e Sandro Veronesi, in collaborazione con Fondazione Gori. Foto di Cosimo Maffione.

L’eredità di Giuliano Gori 

La vera eredità di Gori è culturale e politica insieme, continua Riccardi: «Giuliano ha trasformato il collezionismo in un progetto intergenerazionale, dove ogni opera nasce dall’ascolto del luogo. Celle è un’opera collettiva dove arte, natura e famiglia convivono in un’armonia fertile e mai retorica». E su ciò che la poesia può oggi rappresentare, è netto: «Non può più essere evasione o decoro. Deve essere partecipe, spirituale, trasformativa. Il Premio di poesia Celle Arte Natura nasce proprio da questa urgenza: restituire alla parola la sua forza generativa, la capacità di ascoltare, rivelare, cambiare». A concludere l’incontro, l’annuncio del vincitore 2026: Stefano Dal Bianco, premiato per il libro Paradiso. Un diario poetico ispirato dai cicli della natura e dalla pratica del camminare: «Celle è un luogo che ti parla appena lo attraversi, uno di quei posti rari dove senti che puoi restare, dove scrivere diventa un modo per ascoltare ancora meglio» ha commentato. Si coglie dunque con chiarezza il valore profondo dell’ecologia culturale, intesa come quell’intreccio imprescindibile tra pensiero e responsabilità, che dà forma a una visione unitaria. A Celle questo principio prende vita in modo tangibile: la bellezza smette di essere un lusso per diventare necessità condivisa, atto di rigenerazione collettiva che coinvolge e rigenera l’intera comunità. 

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