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Tra le righe

24 Settembre 2025

L'intervista a Vince Beiser

Terre rare: quali sono i costi delle tecnologie green?

Di Catherine Putz

In un libro che può cambiare la nostra visione della transizione energetica, politiche pubbliche e comportamenti individuali inclusi, il giornalista americano-canadese Vince Beiser spiega pro e contro dell'uso delle cosiddette "terre rare", indispensabili in ogni tecnologia green. Conflitti, devastazioni ecologiche, sconquassi geopolitici... Tutto ha un costo, dice Beiser in questa intervista con la caporedattrice della rivista The Diplomat. Conoscere i danni collaterali della nostra obbligata conversione a energie rinnovabili, mobilità elettrica e mondo digitale, può ridurne gli effetti negativi per le persone e per il Pianeta.   

Il mondo, afferma il giornalista Vince Beiser, sta entrando nell’era elettro-digitale, una nuova epoca fondata su alcuni minerali antichi, esistenti in natura: alcuni metalli. Necessari per far funzionare il mondo moderno e soprattutto per alimentare la transizione energetica, questi metalli provocano però effetti assai rilevanti per l’umanità e per il pianeta.
Nel suo libro I metalli del potere. La corsa alle risorse che daranno forma al nostro futuro, Beiser traccia un percorso attraverso il mondo, per capire come questi metalli vengono estratti dalla terra e applicati nelle nostre tecnologie, e quale è la competizione che si è scatenata attorno a essi. 

Basti pensare a come state leggendo questa intervista: probabilmente su un computer o uno smartphone, alimentati attraverso una rete elettrica e con batterie. Ogni telefono, incluso il vostro, contiene minuscole quantità di decine di metalli diversi, estratti dalla terra in luoghi lontani come la Repubblica Democratica del Congo, l’Indonesia e il Cile; anche se, spiega Beiser, gran parte di questi metalli finisce per passare attraverso la Cina. “La Cina, negli ultimi decenni, è arrivata a dominare le catene di approvvigionamento di tutti i metalli e dei prodotti finiti di cui abbiamo bisogno per l’era elettro-digitale.” 

In questa intervista, Beiser spiega in che cosa consiste l’era elettro-digitale, in che maniera le cosiddette terre rare alimentano conflitti in Asia, che cosa c’è sotto la facciata della tecnologia “pulita” o “verde”. Tutto ha un costo, dice. Capirlo e accettarlo è indispensabile per minimizzare il danno che stiamo infliggendo al pianeta.

Quali sono le caratteristiche dell’epoca attuale, che definisce era elettro-digitale?

L’era elettro-digitale è fondata su tre grandi forze, connesse fra di loro: la tecnologia digitale e internet; l’energia rinnovabile; e i veicoli elettrici. Queste forze stanno cambiando il modo in cui alimentiamo la nostra civiltà, comunichiamo tra noi, ci spostiamo e viviamo le nostre vite su un pianeta sempre più sotto stress.
La tecnologia digitale è già profondamente radicata nelle nostre vite e sta diventando sempre più essenziale per quasi tutto ciò che facciamo. L’elettricità generata da fonti rinnovabili e i veicoli elettrici sono in rapida crescita. Sotto molti aspetti, è una cosa positiva. La transizione energetica dai combustibili fossili alle rinnovabili è fondamentale per risolvere la crisi climatica. Ma è una cura con effetti collaterali brutali. Insieme, i tre pilastri dell’era elettro-digitale stanno infliggendo danni enormi, ma in gran parte trascurati, alle persone e al pianeta. Questo accade principalmente perché tutti e tre dipendono da alcuni metalli, di origine remota e reperibili in natura
Litio, cobalto, nichel e altri “metalli critici” vengono utilizzati non solo per costruire auto elettriche, ma anche per l’hardware dell’energia rinnovabile: i pannelli solari, le turbine eoliche e la stessa rete elettrica. Molti di questi stessi metalli si trovano anche nei nostri dispositivi digitali, dagli iPhone agli Xbox. Per soddisfare la crescente domanda di questi metalli, le foreste pluviali vengono abbattute. I fiumi vengono avvelenati. I bambini vengono impiegati nelle miniere. I signori della guerra si arricchiscono. E un numero incalcolabile di persone viene ucciso. 

Campi di litio nel deserto di Atacama, in Cile, Sud America – un paesaggio surreale dove nascono le batterie.

Quanto è importante la Cina nel contesto dei metalli critici – dall’estrazione alla lavorazione fino alla produzione dei beni finali? 

È difficile esagerare l’importanza della Cina in questo ambito. Sfruttando le proprie risorse naturali, standard ambientali relativamente permissivi, influenza diplomatica e investimenti esteri strategici, la Cina è arrivata, negli ultimi decenni, a dominare le catene di approvvigionamento di tutti i metalli e i prodotti finiti necessari per l’era elettro-digitale.
La Cina possiede enormi riserve domestiche di molti metalli (alcuni dei quali, tra l’altro, si dice vengano estratti con lavoro forzato). Le risorse che non ha in casa, le acquista all’estero; le aziende cinesi possiedono miniere in tutto il mondo, che producono cobalto grezzo, nichel e molti altri metalli. Indipendentemente da dove vengano estratti i metalli critici, o da chi, la maggior parte finirà per essere inviata in Cina per la raffinazione e la lavorazione. Infine, le fabbriche cinesi utilizzano questi metalli raffinati su scala impareggiabile. La Cina produce più pannelli solari, turbine eoliche, batterie agli ioni di litio e veicoli elettrici di qualsiasi altra nazione.
Tutto ciò conferisce a Pechino non solo un enorme potere economico, ma anche una grande influenza geopolitica. E ha dimostrato di essere disposta a usarla. Nel 2010, Cina e Giappone hanno avuto una disputa sulle acque territoriali. Per punire il Giappone, la Cina ha interrotto le esportazioni di terre rare, un insieme di metalli cruciali per l’industria elettronica giapponese. La mossa ha provocato uno shock a livello globale. È stato una sorta di colpo d’apertura nella lotta globale per i metalli critici, il momento in cui i responsabili politici e i dirigenti occidentali si sono improvvisamente resi conto di quanto fossero vulnerabili, di quanto potere Pechino avesse su di loro. La Cina potrebbe impugnare di nuovo l’arma dell’embargo in qualsiasi momento. 

Guardando all’Asia, in particolare, in che modo i metalli critici sono intrecciati con i conflitti regionali, come in Myanmar? 

In ottobre, in un angolo remoto e montuoso del Myanmar, un gruppo ribelle locale ha strappato un piccolo territorio a una milizia filogovernativa. Questa vittoria militare apparentemente minore ha importanti implicazioni globali, perché quel territorio nello stato Kachin è una fonte significativa di terre rare, metalli cruciali per i motori delle auto elettriche e per le turbine eoliche.
Il Kachin è pieno di miniere di terre rare. L’area principale di estrazione era controllata da una milizia alleata con il governo della giunta militare del Myanmar. Quella milizia aveva avviato un fiorente commercio di terre rare con la Cina. Nel 2014, il Myanmar esportava appena 1,5 milioni di dollari di questi metalli verso la Cina. Da allora, quella cifra è salita alle stelle, raggiungendo miliardi di dollari.
Queste terre rare hanno un costo pesante. Le milizie filogovernative hanno sequestrato terre con la forza agli indigeni Kachin. Per estrarre le terre rare, i minatori perforano i fianchi delle montagne e vi iniettano una soluzione di solfato di ammonio che liquefa il terreno, il quale poi defluisce in vasche di raccolta sature di sostanze chimiche. Questo processo ha diffuso tossine nel suolo e nei fiumi del paese, e provoca anche frane. Solo lo scorso giugno, una frana in una miniera di terre rare nella regione del Kachin ha ucciso almeno dieci persone. 

I ribelli etnici dell’Esercito di Indipendenza Kachin combattono per la loro terra e autonomia dal 2021, da quando la giunta ha preso il potere. Quando i combattimenti si sono avvicinati alla zona mineraria, i lavoratori sono fuggiti e la Cina è stata costretta a interrompere le importazioni di terre rare. Ora che i ribelli hanno preso il controllo dell’area mineraria, potrebbero entrare nel business delle terre rare, ma ci vorrà tempo. Nel frattempo, il caos potrebbe causare carenze nella fornitura di terre rare. E se i combattimenti riprendessero, le miniere potrebbero restare inattive a tempo indeterminato, ostacolando ulteriormente la transizione energetica.


Il Myanmar non è l’unico caso. La Nuova Caledonia è stata scossa da periodiche ondate di violenza mentre il popolo indigeno Kanak si è scontrato con i discendenti dei coloni europei per i profitti derivanti dai vasti giacimenti di nichel del paese. Nelle Filippine, le proteste contro le miniere di nichel sono state represse con la forza. Altrove, milizie si sono scontrate nella Repubblica Democratica del Congo per il controllo delle miniere di cobalto. 

Estrazione di nichel a cielo aperto. Cava e lago inquinato. Mindanao, Filippine.

Uno dei temi ricorrenti del libro, mentre esplora il ciclo di vita dei metalli critici – dall’estrazione al riciclo e al riutilizzo – è quello che definisce il “principio ineluttabile”: “tutto ha un costo”. Puoi descrivere brevemente la gamma e la varietà dei costi associati ai metalli critici? 

Estrarre metalli significa spesso distruggere letteralmente la Terra. L’obiettivo è abbattere alberi, praterie o deserti, far saltare la roccia e il terreno sottostante con esplosivi, e rimuovere ciò che resta. In Indonesia, per fare un esempio particolarmente scioccante, l’industria del nichel ha distrutto oltre 750 chilometri quadrati di foresta tropicale negli ultimi anni.
Una volta operative, le miniere di metalli consumano quantità titaniche di energia e acqua. Spesso, perdite chimiche e scarichi contaminano l’aria e l’acqua circostanti. E non finisce lì. Il minerale estratto deve essere lavorato, fuso e raffinato con attrezzature industriali enormi, ad alto consumo energetico e altamente inquinanti, usando oceani di sostanze chimiche. 

Tutto ciò si traduce spesso in gravi rischi per la salute delle persone che vivono nelle vicinanze (senza contare chi viene sfrattato per fare spazio alle miniere). Residenti locali e comunità indigene si oppongono alla costruzione di miniere di metalli critici in molti paesi, tra cui le Filippine e l’Indonesia. In alcuni luoghi, questa opposizione può avere conseguenze letali. Dal 2012, nel mondo sono stati assassinati almeno 320 attivisti contrari alle miniere. Le industrie dei metalli critici possono essere pericolose anche per chi ci lavora. Negli ultimi anni, decine di operai sono morti in incidenti in un enorme complesso di raffinazione del nichel in Indonesia. 

Una domanda correlata: le tecnologie green sono davvero così “green”? 

Secondo me, non esiste una “tecnologia verde” o un’“energia pulita”. Come ho già detto: tutto ha un costo. Per essere chiari, dobbiamo passare all’energia rinnovabile e alle auto elettriche. Queste soluzioni sono, nel complesso, molto meno dannose per il pianeta rispetto alle alternative alimentate da combustibili fossili. Sono parti fondamentali della cura contro il cambiamento climatico. Ma sono cure con effetti collaterali. 

Estrazione artigianale di coltan, manganese e cobalto nella miniera di Mudere, sotto il controllo della milizia Nyatura, città di Rubaya, regione del Nord Kivu (Repubblica Democratica del Congo, Africa).
Crediti fotografici di Erberto Zani.

Nel libro evidenzia la riduzione dei consumi – in particolare per quanto riguarda le automobili – come uno dei modi migliori per ridurre i danni causati dall’uso costante e collettivo di metalli critici e di energia. In che misura questa riduzione dovrebbe essere sostenuta da regolamentazioni governative? La responsabilità personale è sufficiente? 

È positivo quando le persone decidono di usare la bicicletta o i mezzi pubblici invece di possedere un’auto. Ma come individui non possiamo fare abbastanza. Le città moderne, dove vive la maggior parte delle persone, sono progettate per le auto. Spesso è pericoloso o estremamente impraticabile muoversi a piedi, in bici o con i mezzi. Questo deve cambiare a livello sistemico; dobbiamo rendere facile e sicuro spostarsi senza auto. Serve l’intervento dei governi. Invece, i governi promuovono l’uso dell’auto. Ogni strada asfaltata pagata con le tasse è un’infrastruttura sovvenzionata per le auto. Perché i governi non dovrebbero usare parte di quelle risorse per costruire piste ciclabili, trasporti pubblici e quartieri pedonali? 

Nei dibattiti attuali sui metalli critici e sulla transizione energetica, cosa pensa venga trascurato o frainteso più spesso? 

Credo che uno dei problemi principali sia che troppe persone si aspettano soluzioni perfette. L’energia solare ed eolica e i veicoli elettrici sono spesso visti come cose completamente positive – prodotti virtuosi usati da persone virtuose. È vero che sono necessari per contrastare il cambiamento climatico, la minaccia più grande di tutte. E sono generalmente meno dannosi per il pianeta rispetto al carbone, al petrolio e alle auto a combustione interna. Ma non “aiutano” la Terra. Hanno costi propri. Causano danni propri. È una realtà deprimente che dobbiamo accettare e comprendere – e poi fare tutto il possibile per ridurre al minimo quei danni. 

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